Lirica

Katia Ricciarelli a puntate: "Sono una che cerca sempre di imparare. E vorrei creare una bottega dell’arte" - 1/2

Katia Ricciarelli a puntate: "Sono una che cerca sempre di imparare. E vorrei creare una bottega dell’arte" - 1/2

Artista di livello internazionale che non ha bisogno di presentazioni, Katia Ricciarelli si racconta a Teatro.it

Dopo gli studi al conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, Katia Ricciarelli nel 1969 ha debuttato al Teatro Sociale di Mantova con la Bohème di Giacomo Puccini. Una partenza con il botto: l’anno dopo era al Regio di Parma con Il Trovatore di Giuseppe Verdi. La consacrazione definitiva arriva nel 1971, quando Ricciarelli  vince il Concorso Internazionale Voci Verdiane della Rai.

Nei vent’anni successivi, il soprano si è esibita nei più importanti teatri del mondo: la Scala di Milano, la Lyric Opera di Chicago, la Royal Opera House di Londra, la Metropolitan Opera House di New York e altri ancora. Nel repertorio Puccini, Verdi, Donizetti, Rossini. La critica è concorde nel segnalare che l’artista ha raggiunto il top dell’eccellenza con Anna Bolena (Parma, 1977) e Tancredi (New York, 1978).

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA


Lei ha ricoperto l'incarico di direttore artistico del Macerata Opera Festival. Sarebbe pronta a ripetere un'esperienza analoga?
Lo sto già facendo. In questi giorni mi sto spostando tra Matera e Gravina di Puglia per il Festival Giovanile della Lirica, di cui sono direttrice artistica. Il presidente è il maestro Francesco Zingariello. Il festival è organizzato dall’Orchestra di Puglia e Basilicata. L’obiettivo è quello di avvicinare i giovani alla lirica, sia come artisti che come spettatori. Per il festival ho appena curato la regia del Don Giovanni di Mozart, e della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni.

Nel 1972 lei incise con Gavazzeni per la RCA un LP con arie tratte anche da opere minori di Verdi, come Il corsaro, I masnadieri e Giovanna d'Arco. Interpretazioni ancor oggi prive di confronto. Come nacque questo disco incredibile?
L’idea del disco non nacque da me, evidentemente: anche perché ero molto giovane. Dopo il concorso in Rai, la RCA mi chiese di incidere questo disco con la direzione musicale e artistica di un personaggio incredibile come Gianandrea Gavazzeni. Volevano dei pezzi di Verdi poco conosciuti, ma io mi sono subito trovata benissimo. Fin da giovane ho sempre avuto la passione per le cose non troppo eseguite, poco frequentate. 


E come è andata?
Ottimamente. Immaginate come potevo sentirmi: facevo un disco, già all’inizio della carriera, e lo facevo con una super etichetta come la RCA e con un big mondiale come Gavazzeni! E’ stata una straordinaria emozione e anche un’esperienza molto formativa. Gavazzeni era un grande musicista, molto competente, e ho imparato moltissimo. Io sono una che cerca sempre di imparare qualcosa, anche adesso.

Lei da giovane è stata aiutata, e a sua volta si impegna molto per i giovani
Si, ma vorrei fare ancora di più. In Italia abbiamo centinaia di teatri, molti dei quali chiusi da tempo. Il mio sogno è di recuperare uno di questi teatri e trasformarlo in una scuola per giovani artisti, ragazzi e ragazze che vogliono fare gli interpreti lirici.

Voglio creare una bottega dell’arte, che possa servire anche a mettere in scena i lavori di questi giovani e che sia quindi un trampolino di lancio per la loro carriera. I grandi teatri puntano su nomi affermati, di livello internazionale. Ma come fanno i nostri giovani a fare la gavetta se non li fanno lavorare? Nelle opere che vanno in scena in Italia ci sono molti giovani, ma sono quasi sempre stranieri. Perché? I nostri giovani non hanno niente da invidiare ai loro coetanei che vengono dall’estero. Ecco, io voglio dare ai nostri ragazzi quelle opportunità che i loro coetanei trovano all’estero. Purtroppo non posso farlo da sola: serve l’aiuto di politici e amministratori locali volenterosi e lungimiranti.


Basta una scuola di canto per salvare l’opera italiana?
Oggi abbiamo un buco generazionale pazzesco, sia come interpreti che come spettatori. Bisogna creare i nuovi artisti e anche avvicinare i bambini e i ragazzi a questa meravigliosa forma di arte. Si può portare all’opera anche bambini di 8 anni. Certo, bisogna scegliere con cura gli spettacoli. Penso per esempio a  L’Elisir d'amore di Gaetano Donizetti, a Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, a Il Flauto magico di Mozart, a La Cenerentola di Gioachino Rossini, al Falstaff di Giuseppe Verdi, ad Hänsel e Gretel di Engelbert Humperdinck. Poi, quando saranno più grandi, potranno scegliere autonomamente cosa vedere.

Ma se non si interviene oggi, temo che non ci sia futuro per questa forma di spettacolo che è autenticamente italiana. Puoi andare nei teatri dei cinque continenti: ma ovunque vai trovi in cartellone un’opera lirica italiana, o anche più di una. L’opera lirica è il made in Italy assoluto.

Chi è Katia Ricciarelli?
Io sono tante cose, non saprei autodefinirmi. So però che sono stata sempre me stessa. Non sono cambiata, da quando ero una ragazzina che iniziava a studiare la musica. Non ho avuto sbandamenti caratteriali, non sono mai stata una di quelle che si montano la testa appena hanno un po’ di successo. Le  mie origini sono orgogliosamente e dichiaratamente umili. Mia mamma mi ha dovuto crescere da sola, facendo tanti sacrifici per mandarmi a scuola di musica. Questo mi ha insegnato a stare con i piedi per terra. Se cado, mi rimbocco le maniche e mi rialzo.


Il suo nome è associato a un certo tipo di glamour, di bel mondo
Si, ma è una cosa che pensano gli altri. Io non sono mai stata attaccata al denaro, ai beni materiali. So vivere anche senza nulla, come quando ho iniziato a studiare da una famiglia poverissima con madre vedova e non riconosciuta dal padre biologico. Oggi sono benestante. Ma ho avuto anche una vita da persona che aveva solo lo stretto necessario, e sono stata felice lo stesso.

Quando ha capito che voleva fare il soprano?
Mi piaceva cantare, sin da bambina. Avevo 8 anni e cantavo sugli alberi, per non farmi sentire. A 13 anni volevo andare al conservatorio, ma era troppo presto. E così mia mamma con mille sacrifici mi ha fatto studiare privatamente teoria e solfeggio. A 17 anni mi sono presentata al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. Ci sono stata dieci anni, allontanandomi giocoforza da mia madre. Mi sono diplomata con lode, e poco dopo mi si sono aperte subito le porte per una carriera internazionale. Non posso nemmeno dire di avere fatto davvero la gavetta. Ma questo è un mestiere strano. Si fa presto a iniziare e si può fare presto anche a finire.

Lei li chiama i fuochi fatui della lirica
Il rischio è quello, ed è sempre in agguato.  Puoi affrontarlo con una grande determinazione. Io non mi sono mai persa d’animo. Sin da ragazzina avevo un piano: quello di diventare una grande cantante. Il talento c’era, a sentire i miei maestri. Poi c’era l’impegno che sentivo di avere preso con mia mamma, che è stata il perno della mia vita. Mi ha dato tutto, anche quando non aveva i mezzi. E io volevo ricambiare facendola vivere da regina per il resto dei suoi giorni. Ora sono a posto con la mia coscienza.

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